Uno studio pubblicato nelle scorse settimane sembra indicare l’opposto (Brasky TM, Darke AK, Song X, et al. Plasma Phospholipid Fatty Acids and Prostate Cancer Risk in the SELECT Trial. Journal of the National Cancer Institute. Jul 10 2013).
Lo studio si basa su un singolo dosaggio ematico degli acidi grassi plasmatici in 834 uomini osservati per 6 anni allo scopo di studiare il rischio di sviluppare un tumore prostatico. Un piccolo sottogruppo é stato studiato per 9 anni per valutare l’incidenza di tumore prostatico ad alto grado.
I risultati dello studio indicano che percentuali lievemente più alte di omega 3 ematici (analizzate con il singolo prelievo) sono associate con un rischio del 44% superiore di sviluppare untumore a basso grado e del 71% superiore di sviluppare un tumore ad alto grado. Gli autori suggeriscono che gli omega 3 abbiano a che fare con lo sviluppo del tumore e come spesso accade, alcuni media hanno frettolosamente concluso che gli integratori di omega 3 sono dannosi e perfino che gli integratori in generale non vanno assunti, essendo possibili colpevoli di ogni sorta di disastro.
Analizzando nel dettaglio lo studio in questione, si capisce però che ha dei forti limiti. In primo luogo gli autori nulla sanno di cosa abbia causato gli specifici valori di omega 3 ematici in quanto non si sa se i soggetti assumessero o meno integratori. Stando ai livelli analizzati, che sono in termini assoluti bassi e non alti, si é portati a concludere che certamente i soggetti non stavano assumendo omega 3 aggiuntivi altrimenti avrebbero avuto valori molto più elevati. In media i valori nei soggetti testati sono circa il 40% di quello che ci si aspetterebbe di trovare in soggetti che assumono una dose media di integratori di olio di pesce. In altre parole stiamo parlando di persone con scarsi livelli di omega 3 e non con livelli elevati come le notizie diffuse portano a pensare.
Nel complesso di questi livelli bassi é stato anche ignorato il fatto che quelle persone con valori leggermente più elevati (ma comunque bassi) avevano altri fattori di rischio capaci di confondere completamente i dati. Per esempio avevano un PSA più elevato e una familiarità diretta per cancro alla prostata. Anche se nello studio gli autori hanno tentato di controllare i fattori confondenti con una particolare metodologia statistica, rimane il dubbio che i dati possano essere compromessi da percentuali più elevate di malattia pre-esistente associata ad una maggiore predisposizione genetica e che la minuscola variazione di concentrazioni di omega 3 non c’entri assolutamente nulla con l’aumento del rischio. Per fare un esempio concreto la differenza di valore di omega 3 ematici tra i soggetti a rischio più elevato e quelli a rischio più basso é dello 0.18%, un dato che potrebbe risentire semplicemente dell’assunzione la sera prima del prelievo di un pò di salmone o di sgombro. Ora pensare che una cena a base di pesce azzurro possa causare un tumore alla prostata é abbastanza ridicolo.
Va ricordato che il rischio di tumore alla prostata aumenta invece del 120–180% nei maschi che hanno il padre affetto dal tumore. Nello studio in questione, una percentuale molto elevata di soggetti che hanno sviluppato un tumore aveva in effetti una familiarità diretta positiva. Inoltre avendo i soggetti in questione una familiarità positiva per tumore prostatico può essere che abbiano deciso di aumentare l’introito di pesce e ridurre quello di carne ma questo non ha nulla a che fare con il fatto che gli omega 3 abbiano indotto il tumore. Questo dato spiega anche come mai, sempre nello studio in questione, i soggetti che invece non hanno sviluppato il tumore avevano valori più elevati di omega 6: magari solo perché non hanno cambiato le loro abitudini alimentari perché poco preoccupati della loro storia familiare. Gli omega 6 essendo acidi grassi pro-infiammatori difficilmente possono avere un ruolo protettivo.
Un altro aspetto sorprendente di questo studio riguarda il livello di PSA dei partecipanti. Il PSA viene considerato alto quando supera i 4 ng/ml ma un PSA ottimale é inferiore ai 2 ng/ml. In questo caso il 41.1% dei soggetti che hanno sviluppato il tumore aveva di base valori superiori a 3 ng/ml. Mentre nel gruppo che non ha sviluppato la malattia solo il 7.3% aveva un valore superiore ai 3 ng/ml.
Ma non é finita qui: i non-fumatori e i non-bevitori evidenziano nello studio forme più aggressive di tumore prostatico. Dovremmo quindi suggerire a chi vuole evitare un tumore prostatico molto aggressivo di fumare e bere? Per fortuna tutti sappiamo che sarebbe un suggerimento assurdo e non ci servono ricerche per confermarlo.
Come se tutto questo non bastasse non si può non sottolineare come questi risultati siano completamente in contraddizione con tutto ciò che si sa degli effetti molecolari degli acidi grassi omega 3 e della loro capacità di modulare i processi infiammatori che é noto contribuiscano anche alla genesi dei tumori. Infatti numerosi studi hanno confermato un effetto fortemente protettivo degli omega 3 nei confronti del tumore prostatico:
- una meta-analisi del 2010 indica una riduzione del 63% nelle morti per tumore prostatico nei soggetti che consumano la quantità maggiore di pesce (1)
– uno studio del 2004 su 47.866 uomini indica una tendenza ad un ridotto rischio di tumore prostatico con valori crescenti di EPA e DHA (omega 3) (2)
– uno studio di Harvard del 2007 su 14.916 uomini indica una minore incidenza di tumore prostatico nei soggetti con livelli più elevati di omega 3 (3)
– uno studio di Harvard del 2013 su 293.464 uomini indica che una maggiore assunzione di omega 3 è associata con una riduzione significativa dei casi fatali di tumore prostatico (4)
– uno studio di Harvard del 2012 su 525 uomini indica una riduzione del 40% delle morti di tumore prostatico nei maschi con il più elevato introito di olio di pesce (5)
– uno studio del 2011 indica che un valore elevato di omega 6 rispetto agli omega 3 é associato ad un aumento significativo del rischio di tumore prostatico di alto grado (6)
Grazie alla Life Extension Foundation che negli USA con vera meticolosità e scientificità verifica i dati della letteratura.
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Per chi volesse approfondire ulteriormente qui di seguito altri studi.
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